sabato 15 ottobre 2011

Da "La Strada" di Cormac McCarthy

"Quando si svegliava in mezzo ai boschi nel buio e nel freddo della notte allungava la mano per toccare il bambino che gli dormiva accanto. Notti più buie del giorno e giorni uno più grigio di quello appena passato. Come l'inizio di un freddo glaucoma che offuscava il mondo. La sua mano si alzava e si abbassava a ogni prezioso respiro."

"Freddo e silenzio. Le ceneri del mondo defunto trasportate qua e là nel nulla da lugubri venti terreni. Trascinate, sparpagliate e trascinate di nuovo. Ogni cosa sganciata dal proprio ancoraggio. Sospesa nell'aria cinerea. Sostenuta da un respiro, breve e tremante. Se solo il mio cuore fosse pietra."

"...si diceva che i sogni giusti per un uomo in pericolo erano sogni di pericolo, e tutto il resto era il richiamo languido della morte."

"Domanda: che differenza c'è fra ciò che non sarà mai e ciò che non è mai stato?"

"Gente seduta sul marciapiede all'alba, mezzo immolata e con i vestiti fumanti. Come suicidi mancati in una setta. Altri venivano in loro aiuto. Nel giro di un anno c'erano roghi sulle creste dei monti e allucinate litanie nell'aria. Le urla degli assassinati. Di giorno i morti impalati lungo la strada. Che cosa avevano fatto? Arrivò a credere che nella storia del mondo forse c'era più castigo che delitto, ma non ne trasse grande conforto."

"Nessuna lista di cose da fare. Ogni giornata sufficente a se stessa. Ogni ora. Non c'è un dopo. Il dopo è già qui. Tutte le cose piene di grazia e bellezza che ci portiamo nel cuore hanno un'origine nel dolore. Nascono dal cordoglio e dalle ceneri. Ecco, sussurrò al bambino addormentato. Io ho te."

"Il mondo che si riduceva a un nocciolo nudo di entità analizzabili. I nomi delle cose che seguivano lentamente le cose stesse nell'oblio. I colori. I nomi degli uccelli. Le cose da mangiare. E infine i nomi di ciò in cui uno credeva. Più fragili di quanto avesse mai pensato. Quanto di tutto questo era scomparso? Il sacro idioma privato dei suoi referenti e quindi della sua realtà. Ripiegato su se stesso come un essere che cerca di preservare il calore. Prima di chiudere gli occhi per sempre."

"...La gente si preparava sempre al domani. A me sembrava assurdo. Il domani non si stava certo preparando a loro. Non sapeva neppure che esistessero...Anche se uno sapesse cosa fare, non saprebbe cosa fare comunque. Non sprebbe se lo vuole fare o no. Cosa farebbe lei se fosse l'ultimo rimasto? Cosa farebbe se la colpa fosse sua?...
"...se uno fosse l'ultimo uomo sulla faccia della terra, come farebbe a saperlo?"
"Bè, suppongo che non lo saprebbe. Lo sarebbe e basta."
"Non lo saprebbe nessuno."
"Non cambierebbe nulla. Quando si muore è come se morissero anche tutti gli altri."
"Immagino che Dio lo saprebbe. Dico bene?"
"Non c'è nessun Dio."
"Ah no?"
"Non c'è nessun Dio e noi siamo i suoi profeti."
"...Dove gli uomini non riescono a vivere gli dei non se la cavano certo meglio. Vedrà. Stare da soli è il minore dei mali...Le cose andranno meglio quando non ci sarà più nessuno."
"Davvero?"
"Certo."
"Meglio per chi?"
"Per tutti."
"...Quando ce ne saremo andati tutti qui resterà solo la morte, e anche lei avrà i giorni contati. Vagherà per la strada senza niente da fare e nessuno a cui farlo. Dirà: dove sono finiti tutti? Ecco come andrà. E che c'è di male?"

"Forse, guardandone la distruzione, finalmente sarebbero riusciti a vedere come era fatto il mondo. I mari, le montagne. Il poderoso controspettacolo delle cose che cessano di esistere. La sconfinata desolazione, idropica e gelidamente terrena. Il silenzio."




Ho deciso di cominciare con questo libro perché è uno dei miei preferiti e l'ho ripreso in mano per un'altra occasione proprio pochi giorni fa. Chi mi conosce già da Facebook potrebbe aver già letto tutto quanto in una delle note che a volte riporto, ma è ugualmente invitato a lasciare un commento, se desidera. Cosa ne pensate del testo, se lo avete letto? E per chi non lo ha fatto, quali riflessioni ispirano gli estratti che ho scelto?
Per quanto mi riguarda, McCarthy è un poeta moderno, che racconta la devastazione di un futuro post-apocalittico senza doverne spiegare le cause. Descrivendo solo la purezza del rapporto tra un padre e un figlio. L'amore dell'uomo verso il bambino e la vita del bambino in un mondo defunto. L'ostinata resistenza di una creatura, che vede nel piccolo l'ultimo alito di speranza, e il terrore della perdita, in ogni pensiero del figlio. Non ci sono molti momenti di azione nella storia: come il mondo silenzioso e cadaverico, anche gli eventi sono rari e spesso funesti. L'obbiettivo è sempre il giorno seguente, la ricerca di cibo e di qualsiasi cosa che possa allungare la non-vita dei protagonisti. E le parti più intense della narrazione sono sempre gli scarni dialoghi tra padre e figlio, che sovente si ripetono, simili l'uno all'altro, poiché sono finiti i tempi nei quali erano molte le cose da dire. E infatti "il sacro idioma" non ha più i suoi referenti, perché tutto è distrutto e allora perde anch'esso di senso e significato. E poi i pensieri angosciati del padre, le sue riflessioni su Dio, i ricordi del mondo passato, della moglie che ha scelto un'altra strada, gli interrogativi su se stesso e sul perché continua a non arrendersi. Nel mezzo, gli incontri coi disperati e gli assassini e lo splendido confronto col vecchio Ely, ultimo profeta, che dispensa la sua saggezza con distacco e disillusione. E alla fine anche lui se ne va, come la cenere portata dal vento. Come tutti. Perché anche in un pianeta devastato e morente ci sono sempre delle vie da percorrere. E ognuno deve saper trovare la sua strada.

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